“Ho capito (e promesso a me stessa) che il 2014 sarà l’anno di Giordania e Marocco” (Post di fine anno 2013). Mettere i desideri nero su bianco funziona, ecco cosa ho capito in questi primi 7 mesi del 2014. Marzo in Marocco, luglio in Giordania: Africa e Medio Oriente, moschee e Ramadan, tè verde e hummus.
La realtà può superare immagini costruite dopo anni di letture, film e documentari; non capita spesso, ma quella che spesso definiamo la “triste realtà” può superare, in positivo, la romanzata fantasia. Quando succede non puoi che godertela, e anche alla grande. In Giordania è andata esattamente così. Cerco sempre di trovare una parola che sintetizzi un intero viaggio, questa volta quella giusta è grandezza, nel senso fisico del termine.
In Giordania è tutto mastodontico: le gole del Wadi Mujib, il Siq di Petra, il Mar Morto, il deserto. E questa sensazione di Lillipuziano a Brobdingnag, di piccolo nel grande, è semplicemente strepitosa: ti fa capire chi comanda (la natura) e chi cerca invano di farlo (l’uomo). Sei lì, ingabbiato nella pietra tanto da sentirti mancare il fiato, trascinato dalla corrente di una cascata, immerso nell’acqua nel punto calpestabile più profondo della terra, seduto su una roccia circondata dalla più grande distesa di sabbia che i tuoi occhi abbiano mai visto; puoi solo camminare, scivolare nell’acqua a pancia in su, galleggiare sfidando la fisica, aspettare il tramonto da quella roccia e riempirti l’anima con quella rarissima sensazione di libertà che solo i grandi spazi riescono a regalare. E all’improvviso è ordine nel caos cosmico.
La grandezza è anche umana. Lo dimostrano le colonne di Jerash, il Tesoro di Petra, il Monastero al-Deir. Anche in questo caso, non potrai mai prepararti abbastanza a dalle visioni del genere. Architettura pura, a mio parere, difficile da replicare. Peccato constatare, ancora una volta, come l’uomo del presente tenda a distruggere ciò che quello del passato ha creato: il gift shop/ristorante a 2 metri dal Tesoro di Petra ne è la chiara dimostrazione.
Una nota a parte alla grandezza d’animo. Madaba, il paese dei mosaici, è l’emblema dell’ospitalità genuina: i bambini ti accolgono con 10/100/1000 “hello”, le donne ti sorridono, i ragazzi ti chiedono selfie. In realtà, pensandoci bene, ti sorridono davvero tutti. La città è un “caso esemplare di tolleranza etnica e religiosa”, ospita e fonde alla perfezione musulmani e cristiani regalando una miniatura dell’aggregazione e della bellissima convivenza tra popoli che caratterizza un paese che nel corso dei decenni ha aperto le porte ai vicini siriani, iracheni e palestinesi.
Ospitalità genuina è anche un braccialetto con i colori della Giordania fatto e regalato da una dolcissima ragazzina di 11 anni, il saluto da lontano di chi ti accompagna in aeroporto, chi è seduto con te a tavola davanti a mille portate e bottiglie d’acqua nonostante il Ramadan. “Questo è il segreto dell’ospitare. Far sentire i tuoi ospiti benvenuti e a casa propria. Se lo fai onestamente, il resto prende cura di se stesso” diceva Barbara Hall, saggia politica canadese. Vero.
In Giordania ho capito di essere fatta per il caldo, anche torrido; di amare i banchetti improvvisati per strada alla fine della giornata di Ramadan (acqua e dolci per tutti), il delirio dei mercati pieni di spezie, verdure mai viste prima e completini intimi super hot, il muezzin all’alba, gli occhi col kajal, le città disordinate, incasinate e strillone (Amman est per essere chiari), le Barbie velate del Medio Oriente, la kefiah (ora copricapo, ora sciarpa, ora copertina), gli asini super riot che passeggiano per strada e chi se ne frega se qualcuno si incidenta, la “rilassatezza”, l’hummus, il lemon nana e l’immancabile “yalla habibi” (andiamo amore mio), l’unica frase araba che ho imparato in 7 giorni. Una ma buona!
Avevo deciso di iniziare a raccontare la Giordania pubblicando un post informativo, una sorta di chiarimento geografico e politico, poi ho ribeccato questa bozza scritta durante il volo Roma-Bari alle 6 del mattino (ormai è una tradizione) e ho pensato che prima di “informare” era quasi un obbligo condividere quella assurda felicità da realtà che supera la fantasia.
foad tarawneh says:
brava roberta hai superato le aspettative mie
Roberta Longo says:
Grazie di cuore Fuad. Detto da un giordano vale doppio/triplo/quadruplo :) Ci rivedremo presto (ho un regno che mi aspetta!) Un abbraccio
Viaggio AnimaMente - 83saretta says:
Destinazione meravigliosa, meta magica … Peccato solo non averla vissuta insieme.
[Sicuramente al Wadi Mujib hai avuto più paura di me :P]
Roberta Longo says:
Ero assolutamente convinta che ti sarebbe piaciuta! Insieme quanto sarebbe stato stupendo??? Comunque lì ho trovato marito, torneremo per il mio matrimonio :D [Al Wadi Mujib ho avuto SICURAMENTE più paura di te, ma al momento “usa le rocce come scivolo” l’esaltazione pura :D]
Elisa says:
Che io sia un’inguaribile romantica e diciamocelo, piagnona, lo sai già ma questo post letto alle otto di mattina distesa sul letto della mia camera di Amman mi é arrivato dritto al cuore
Elisa
Roberta Longo says:
Eli dobbiamo inventarci una parola che vada oltre il grazie… come avrai notato è un paese semplice, bello, incredibilmente ospitale che può solo entrare nel cuore, scriverne in questo modo è solo una bellissima conseguenza :) Aspetto il tuo racconto per rivivere un po’ di tutta quella bellezza. Un bacio enorme!