Se stringi nel pugno la sabbia del deserto non riuscirai a trattenerla.
Se lasci aperta la tua mano, la tua mano si riempirà di sabbia.
– proverbio arabo –
Il Marocco è così. Cerchi forzatamente di capirlo, dargli un senso, farlo tuo? Rassegnati, non ci riuscirai. Piuttosto, sarà molto, molto generoso con te se non avrai assurde pretese di comprensione e lascerai a casa i “perché”. Stravolge aspettative, sorprende all’improvviso, delude e stupisce nell’impensabile. Felicemente riot, ecco come ho deciso di ricordamelo.
10 giorni, 8 tappe, partendo da Marrakech e arrivando a Taroudant. 10 giorni tra berberi e surfisti, uomini in burnus e donne velate, nell’ocra delle mura e del deserto, nel verde delle palmeraie e della menta. Un itinerario che si discosta un po’ “dai classici”, che segue la via dell’Argan, quella dei mandorli in fiore e una delle strade più belle del Marocco, quella che da Taoufrate porta a Taroudant. Le prime 4 tappe: Marrakech, Essaouira, Tiznit, Mirleft e Legzira.
#1 Marrakech
Poetica e romantica, ecco come la immaginavo. Niente di più lontano. Marrakech sembra nata per stordire, è una città che urla, corre, vende e mangia. Nel bene e nel male ti travolge, solo nel bene ti fa sentire vivo e parte di quell’immenso spettacolo all’aperto.
Il suo emblema è Piazza Jemaa el Fna, Patrimonio orale e immateriale dell’Unesco; il perchè è chiaro dopo 5 minuti che si è lì, forse anche meno. Ho schivato serpenti e scimmie con i pannolini, ho trascorso interminabili minuti a cercare di capire cosa ci facessero una gallina e una colomba sul turbante di un cantore (ad oggi resta ancora un mistero), ho passeggiato tra le lanterne accese dai piccoli venditori e assistito, con del pollo tra le mani, ad una rissa tutta al femminile, durante la quale ho capito che anche in Africa le donne puntano ai capelli per distruggere l’avversaria. Insomma, tutto il mondo è paese. Piazza Jemaa el Fna è il regno dello street food, della carne alla brace, delle zuppe, delle spremute di arancia, dei dolci (invasi da api, ma pare non sia un problema per nessuno). La piazza ospita i turisti ma non è dei turisti, e questo basta a spiegarla. La sera sembra che quasi tutta la città si riversi lì, intorno a qualcosa o a qualcuno. Piazza vs Tv 1-0.
Cosa vedere: ovviamente la Moschea della Koutoubia, la scuola coranica Medraza Ben Youssef e i suk. Se avete uno stomaco forte le concerie, rigorosamente con una foglia di menta sotto il naso; un mondo a parte, una città nella città in cui si tramanda una tradizione che merita di essere conosciuta (l’offerta per la visita è libera). Se capitate di domenica mattina tuffatevi nel mercato locale tra materassi e galline. Per un approfondimento su Marrakech potete leggere qui.
L’esperienza: tra le “esperienze contemplative” il tè alla menta al tramonto, sulla terrazza di uno dei bar affacciati su Jemaa el Fna. Il richiamo del muezzin, i fumi, il lento affollarsi della piazza: benvenuti in Marocco.
Dove dormire: due indirizzi. Il primo, Riad Tigmiza, un boutique hotel immerso nella palmeraie della città, a 10 minuti di auto dal centro. 27 tra ville, bungalow e suite, curate in ogni minimo dettaglio. Di un’eleganza ricercata a dir poco perfetta. 10 e lode allo chef.
Per chi cerca la dimensione del villaggio, consiglio il Kenzi Menara, gran bel 5 stelle nella parte nuova della città (a 5 minuti di taxi e a 10 secondi dal Pacha).
#2 Essaouira
Se si viaggia in gruppo, il consiglio è quello di rivolgersi a un driver. Prezzi contenuti e la certezza di arrivare lì dove neanche i muli arrivano. Da Marrakech ad Essaouira ci si imbatte nella famosa via dell’Argan, l’oro del Marocco; un susseguirsi di piccole cooperative tutte al femminile in cui è possibile fermarsi e fare incetta di olio (anche qui, trattate sul prezzo).
Le capre sugli alberi: ci sono? Sì. Avete presente l’infausto giorno in cui si scopre che Babbo Natale non esiste e che al massimo quel tenero ciccione con la barba bianca è vostro padre travestito in modo pessimo? Bene, quando ho scoperto che le capre vengono “spinte” su da mano umana al sol fine di racimolare qualche dina in cambio di una foto, ho provato la stessa identica delusione. Le capre volanti non esistono, sappiatelo.
Essaouira è sicuramente una delle mete più conosciute, inseguite e prese d’assalto dai turisti. Ma nonostante ciò, ad onor del vero, è anche una di quelle che ho amato di più. Da una parte souvenir standardizzati e cammelli sull’oceano in attesa di turisti da scorazzare sulla sabbia (del mare non del deserto), dall’altro, il bianco dei vicoli, il celeste delle porte, gli uomini che lavorano all’uncinetto, il mercato del pesce, la gara dei tuffi al porto, coppie che aspettano il tramonto in spiaggia con una busta di fave tostate. Il mercato del pesce merita una nota a parte, inclusa la parentesi “fobia da agguato di uno stormo di gabbiani”. Non l’avete mai avuta? Bhè, qui l’avrete, ma presto vi abituerete e potrete concentrarvi sullo spettacolo: regno di pescatori, murene, rombi di dimensioni spropositate, donne in burqa intente a ghigliottinare con maestria unica pesci di tutti i tipi.
Cosa vedere: la Medina, la Qasba (cittadella fortificata che custodisce ancora i cannoni spagnoli del 17° e 18° secolo), il quartiere ebraico Mellah ormai abbandonato.
L’esperienza: il pranzo al mercato del pesce. Scegliete il vostro pesce ad una delle bancarelle, vi sedete ad un tavolo non proprio asciutto, non proprio lindo, non proprio silenzioso, e aspettate che il vostro pesce arrivi cotto alla perfezione da una non ben definita cucina. Il tutto a pochissimi euro, il tutto all’aperto. Meglio di un pranzo in un ristorante stellato. Al tramonto questa volta niente tè alla menta, bensì una birra. Aspettarlo in spiaggia o ai bastioni con una Special pagata 10 dine e una busta di ceci tostati vi regalerà sicuramente interminabili minuti di felicità.
Dove dormire: L’Heure Bleue, della catena Relais Châteaux, un hotel di charme che ha mantenuto il fascino di una tradizionale casa marocchina. 33 camere disposte intorno a un patio bianco e blu, all’ingresso della Medina di Essaouira, punto di partenza perfetto per scoprire la città. Grande ospitalità, colazione indimenticabile, ristorante elegante ed intimo con una grandiosa cucina tradizionale.
#3 Tiznit
Da Essaouira si parte alla volta di Tiznit, attraversando la “regione delle banane”, incontrando le prime spiagge di surfisti, piccoli accampamenti berberi su scogliere a picco, l’oceano. Passare dalle montagne alle scogliere, dal deserto al mare. Invidiare il risveglio dei camperisti, qui.
7 km di mura in argilla, 5 porte storiche, porticati bianchi e ocra, Tiznit è la capitale dell’argento. Siamo a 91 km da Agadir. Le ho stretto la mano in un barettino in Place Mechouar nei pressi del Palazzo Reale, davanti ad un hamburger locale e ad un piatto di patatine fritte (pagati, includendo una Coca Cola, 2.50 euro), una presentazione insolita ma necessaria per ambientarsi nella prima città in cui i turisti si contano sulle dita di una mano. Gli uomini passeggiano tenendosi per mano, chi ti circonda ai tavolini del bar ti incanta con il rito del tè, tanti ti sorridono e qualcuno prima o poi ti parla, giusto il tempo di capire che arrivi dal paese di Toto Cutugno.
Cosa vedere: la Medina, il quartiere ebraico e il caratteristico suk. Mani che lavorano l’argento, che tramandano l’antica tradizione artigiana e le usanze berbere tra collane, ciondoli, bracciali e pugnali, vere opere d’arte. Questo bel signore qui sotto lo trovate a Le Perle du Sud, insieme a dei pezzi unici da museo. E ancora, la Moschea e poco più avanti, sulla sinistra, la Source Bleue, il bacino d’acqua legato alla leggenda di Lalla Tiznit: pare che la fonte sarebbe apparsa nel luogo in cui abitava la donna, prostituta convertitasi all’Islam.
L’esperienza: un post serata al Tiznit Hotel. Qui una birra, e un qualcosa in più, non ve lo toglie nessuno.
Dove dormire: il primo nome è Riad Le Lieu, nel cuore della Medina, intimo e con camere arredate in stile tradizionale. Il secondo è Idou Tiznit, per chi cerca un punto d’appoggio alle porte della città.
ALBUM TIZNIT
#4 Mirleft-Legzira
A 14 km da Tiznit si trova la spiaggia di Aglou, consigliata più per un bagno di sole che per una nuotata, causa le forti correnti sottomarine.
A 40 km il regno dei surfisti, Mirleft, un piccolo villaggio costiero famoso per le spiagge poste sotto delle enormi falesie. Qui non c’è nulla, nel senso più positivo del termine, solo vento, onde e un paio di scuole di surf. Pace.
Scendendo, a quasi 10 km da Sidi Ifni, la Plage Legzira. Spiaggia chilometrica (e a marzo pressocchè deserta), tre enormi archi di pietra rossa scavati dal mare, una leggera foschia alzata dalle onde, il silenzio assoluto: questa spiaggia è suggestione allo stato puro. Ad oggi, una delle più belle mai viste. Il consiglio è di fermarvi almeno una notte, di regalarvi un pranzo o una cena quasi dentro l’oceano (troverete 2/3 piccoli ristoranti sulla scogliera) e di svegliarvi davanti a questo spettacolo della natura. Meta ideale per amanti del parapendio e artisti in cerca di ispirazione.
ALBUM MIRLEFT-LEGZIRA
Per info su destinazioni e itinerari:
Ente Nazionale per il Turismo del Marocco
Via Durini, 5 – 20122 Milano
Tel. 02.58303633
www.visitmorocco.com
www.marrakech.travel
info@turismomarocco.it
Surflover says:
Il Marocco è un posto bellissimo per surfare e soprattutto in autunno e in inverno si può scappare dalla fredda Europa. Io ci sono stato e ho preso lì le mie prime lezioni. Se volete risparmiare vi consiglio le offerte di Stoke Travel, oltre a spendere poco ci si fanno un sacco di amici :) qua trovate tutte le info: http://stoketravel.com/trips/morocco-magic-week/