Beirut.
L’avevamo deciso da settembre. A dirla tutta, l’aveva deciso lui.

La gioia più grande è quella che non era attesa, scriveva Sofocle. Questa è una di quelle.
Il Libano è stato liberazione, isolamento, ritorno. Ne avevo già scritto qui.

Bari – Roma. Roma – Beirut.

Atterriamo a Beirut il 26 dicembre. Piove e avrebbe piovuto per circa sette giorni consecutivi, ma questo non potevamo saperlo.

La prima cena è stata un tripudio di falafel e hummus. L’hummus, in particolare, è stata la molla gastronomica di questo viaggio in Libano ma, del resto, non poteva che essere così nella terra che gli ha dato i natali.
Strano a dirsi, però, il nostro amore è stato leggero, quasi fulmineo oserei dire: di lì a poco, a rompere l’incantesimo, sarebbe arrivato il babaganoush. Qui parliamo, in generale, di un amore folle, in particolare, di una vera dipendenza se ripenso a quello di Mezyan.

Poi è arrivato il prezzemolo. Sì, proprio il prezzemolo. Restituirgli lustro e dignità è possibile? È possibile. Organizzate un viaggio in Libano, ordinate una tabbouleh e poi ne riparliamo. Il merito è di una marinatura da manuale, per quanto mi riguarda, irripetibile.

Beirut è stata base, casa.

Beirut è stata traffico, traffico caotico e assordante.
Sembra quasi che vi siano più auto che abitanti, più clacson che pulviscoli di polvere.
Sarà stato per questo o per la voglia di provarle davvero tutte, che abbiamo deciso di spostarci in minibus. Pazienza e grande spirito di adattamento: se rientrano tra le vostre più grandi virtù saltate sul primo bus e godetevi lo show, al contrario, affittate un auto o affidatevi a un driver.
Il pro più tangibile dei bus è quello di raggiungere qualsiasi angolo del Libano con un budget più che irrisorio.

Il nostro è stato un viaggio di attese, destinazioni saltate e fermate improvvisate. Rifaremmo tutto allo stesso modo? Tutto. Perché quel “tutto”, come sempre, è stata l’anima del viaggio.

Viaggio a Beirut: indirizzi da segnare

Dove dormire a Beirut

Rispondo subito alla domanda più frequente: dove dormire a Beirut? Per quanti, delusi, si aspettavano una risposta alla domanda “Beirut è sicura?”, mi dispiace, avete sbagliato blog. Non sogno di morire giovane e martire, quindi se continuo a viaggiare in Medio Oriente la risposta mi sembra più che ovvia.

Tornando alla domanda più frequente, noi abbiamo optato per il Saifi Urban Gardens, un ostello nel cuore di Gemayze, quartiere di artisti, designer e amanti della vita notturna. Ne è un esempio Armenia Street, il regno dei locali per tutti e per tutte le tasche.

Il Saifi Urban Garden è a pochi passi da tutto questo tripudio di vita e del resto, nella stessa homepage del sito, si legge “Saifi non è un luogo di pace e tranquillità, è un luogo per incontrare gli altri, uscire e vivere la vera Beirut.” È davvero così.

Le camere (camerate, private con bagno, appartamento) sono ospitate in due edifici risalenti agli inizi del XX e XIX secolo. Non vi aspettate lusso, oro e tesori, ma semplicità e minimalismo: se amate i 5 stelle scegliete un 5 stelle, se amate i luoghi autentici e per nulla imbellettati scegliete il Saifi Urban Garden.

Il complesso ospita anche un istituto di lingua araba, un rooftop – location di eventi e aperitivi – e il caratteristico Café Em Nazih, noto luogo di ritrovo dei giovani libanesi, in cui viene servita la prima colazione.

Ed è proprio a colazione che ci si deve districare tra l’acidulo sammacco del “manouche zaatar” e il pungente cumino del “foul”, tra un “msabaha” (ceci caldi con hummus) e un “fatteh” (pane sbriciolato ricoperto di ceci caldi e yogurt condito con cumino e noci). Ci si abitua, non proprio velocemente ma ci si abitua, anche se devo ammetterlo: spesso mi sono giocata il jolly dell’omelette.

Dove dormire a Beirut: Saifi Urban Gardens
Gemayze – Pasteur Street (dietro Coral Station)

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Beirut est e Beirut ovest

Plurietnica e plurireligiosa.
Durante e dopo il mio viaggio a Beirut ho raccontato in più occasioni, su Instagram, il drammatico passato della città segnata, prima, da una devastante guerra civile, dopo, dalla più recente guerra del Libano contro Israele. Gli edifici ne hanno raccolto i segni, in alcuni casi ancora ben visibili, ma trovarsi davanti ad una moschea con alle spalle una cattedrale maronita e di fianco una ortodossa, non capita così frequentemente. Quella che in gergo politico viene definita “pacifica coesistenza” è pura utopia? Ieri sì, oggi no, soprattutto tra le nuove generazioni. Lo dimostrano le proteste delle ultime settimane, ma è tutto ancora più chiaro nei luoghi di aggregazione: cafè, ristoranti, locali. E qui non si parla di pacifica coesistenza, ma di assoluta, volontaria unione.

C’è la Beirut est, a maggioranza cristiana, e la Beirut ovest, a maggioranza musulmana.
Due anime totalmente diverse.
Nella prima c’è tutto l’Occidente a cui siamo abituati: gli edifici dalle linee metropolitane, i café eleganti, i luxury hotel, Tiffany. Il suo quartiere per eccellenza è Achrafieh.
Nella seconda c’è tutto l’Oriente a cui siamo abituati: la confusione, la shisha, il groviglio di cavi elettrici, l’artigianato locale. Benvenuti ad Hamra.

moschea_blu_beirut

Dove mangiare a Beirut

Quindi? Dove mangiare a Beirut?

Mezyan

Il mio preferito, in assoluto. Best of Beirut lo definisce un locale “vibrante, spontaneo, totalmente levantino”, ed è proprio così. Da Meyzan si respira tutta la rilassatezza e l’ospitalità mediorientale; tra libri e pianoforte, è il luogo perfetto per una birra Almaza, una cena a base di meze, un caffè. E vi prego, assaggiate il loro babaganoush.

Meyzan
Hamra – Hamra Street Rasamny Building

Cafè Em Nazih

Ne ho già scritto in merito alla colazione, ma il Cafè Em Nazih è uno di quei luoghi perfetti in ogni momento della giornata. Ottimi meze, atmosfera molto, molto friendly, backgammon e shisha a disposizione. Per quanti non lo sapessero, il backgammon è nato in Medio Oriente, precisamente in Iran e qui tutti, davvero tutti, ci giocano.

Cafè Em Nazih
Gemayze – Pasteur Street

Dar Bistro & Books

Siamo ancora ad Hamra. Nascosto in una piccola traversa, quasi al riparo dagli occasionali, c’è lui. Una piccola meraviglia, non saprei descriverlo in altro modo. La perseguitante pioggia ci ha sottratto al dehors, ma la vera chicca è l’interno: intimo e dai dettagli stupendi. Ci siamo passati per un aperitivo pre-ultimo giorno dell’anno in piazza, quindi posso solo dirvi che le patatine fritte sono in realtà chips fatte in casa. Il menù prevede bagels e pancakes, giusto per dare un tocco di avocado al tutto.

Dar Bistro & Books
Hamra – Roma Street, Wardieh Hamra

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Cafe Younes

Pausa caffè.
Ci sono tornata più volte, per l’ottimo caffè e i ricercati tè. Ok, anche per i cookies.
In città ce ne sono diversi, io ho scelto quello di Omar Bin Abdul Aziz Bliss Street, ad Hamra: caldo, intimo e accogliente. Il legno della saletta superiore ha fatto letteralmente breccia nel mio cuore.

Cafe Younes
Hamra – Omar Bin Abdul Aziz Bliss

Al Falamanki, Traditional Lebanese Cafè

Ci spostiamo a Sodeco, quartiere elegante punteggiato da incantevoli vinerie (i prezzi molto basic di Beirut qui si impennano) e laboratori di giovani designer. Da Al Falamanki ho adorato quell’atmosfera da trattoria fatta di tovaglie a quadri e arredi dalla lunga storia. Per una pausa meze a Sodeco non è affatto male.

Al Falamanki
Sodeco – Damascus Road

Al Falamanki

Ancora lui, ma questa volta nella sede di Raouche. Ve lo consiglio per un solo e unico motivo: la vista. È affacciato esattamente di fronte alle Pigeon’s Rock (gli “Scogli dei Piccioni”), il simbolo di Beirut. Ve lo consiglio perché ci sono stata al tramonto e il caso ha voluto che beccassimo un tavolo basso con due divani di fronte a una delle grandi vetrate che dà sugli scogli. Noi e il mare. Non è esattamente il tipo di locale che amo, enorme, davvero enorme e di conseguenza abbastanza frenetico e rumoroso, ma l’impagabile vista compensa ogni tipo di mancanza.

Al Falamanki
Raouche – di fronte alle Pigeon’s Rock

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Cosa fare a Beirut

Non vi parlo di cosa vedere a Beirut (per questo basterebbe una delle tremila guide in commercio) ma, piuttosto, di cosa fare. Scelgo di farvi camminare un po’, direzione Halabi Bookshop (circa una trentina di minuti a piedi dal National Museum of Beirut, ma in alternativa ci sono sempre i taxi e, non secondo, Uber).

Vi chiedo di farvi una passeggiata per raggiungere questa minuscola, stracolma libreria gestita da un amabile libraio e da sua moglie. Non parla inglese, ma cercavo una stampa di Beirut e alla fine con una stampa sono tornata a casa. Non solo, sono tornata a casa anche con due caramelle al latte, dolcissimo dono dell’amabile libraio. Fateci un salto, è un’istituzione.

Kaskas – El-Horge 57, Rue Jalloul 77

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Viaggio a Beirut tra il vedere e il fare: la Casa Gialla

Quest’ultima annotazione rientra tra il vedere e il fare. Vedere perché è un luogo simbolo della storia di Beirut, fare perché ritengo sia sempre un dovere del viaggiatore fare un passo verso la comprensione. Vedere per capire, non vedere per mettere una bandierina.

Ci siamo arrivati alla fine del nostro viaggio a Beirut e, forse, è stato giusto così, quasi a chiudere un cerchio. La conoscono tutti come la “Casa Gialla” ed è quell’edificio che durante la guerra civile libanese segnava il confine della Green Line (la linea di demarcazione che separava la parte est della città, cristiana, da quella ovest, musulmana). Tutta la storia di quei 15 anni di guerra è qui, su quei muri sventrati, nei segni lasciati dai proiettili.

Al primo piano della Casa Gialla, oggi spettro di quello che in passato doveva essere un palazzo in stile ottomano di rara bellezza, è stato ritrovato l’archivio fotografico di Photo Mario, circa 10.000 negativi bluastri di diversi formati, nonché stampe e documenti, sparsi sotto polvere e detriti. Alcuni di questi scatti fanno oggi parte del bellissimo progetto “Photo Mario Archive” di Mona El Hallak.

Chi è Mario e dov’è oggi? Chi sono tutte queste persone che ci guardano attraverso i negativi? Quali storie possono raccontare sulla città e i giorni prebellici? Quali ricordi conservano della loro visita a Photo Mario?
Questo progetto sottolinea il ruolo della fotografia come “tecnologia della memoria” che non solo documenta il passato ma lo chiama nel presente. Il mio obiettivo è quello di permettere alle persone di adottare una o più foto e cercare di identificare i soggetti, trovare loro o le loro famiglie e raccogliere i loro ricordi dello studio, dell’edificio e della città.
Mona El Hallak

Se volete partecipare al progetto di Mona e capire davvero Beirut, andateci. La Casa Gialla ospita oggi il Beit Berut Museum and Urban Cultural Center. Gli orari di apertura al pubblico sono indefiniti, vi consiglio di telefonare o andare personalmente per capire quando è possibile visitarlo.
Beit Berut – All’angolo di Rue du Damas

 

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Viaggio a Beirut fai da te

Ultima risposta ad un’altra domanda molto, molto frequente: un viaggio a Beirut può essere organizzato in assoluta autonomia? Sì. Per quanto riguarda la documentazione, oltre il passaporto con validità residua di almeno 6 mesi, è necessario il visto turistico. È gratuito e i cittadini dell’Unione Europea posso ottenerlo direttamente all’arrivo in aeroporto presentando il passaporto e il biglietto aereo di ritorno.

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