E rieccomi, ancora qui.
Cara Milano, quando meno me lo aspetto sono di nuovo da te. Con un bagaglio leggerissimo, poche pretese e un biglietto preso senza pensarci due volte. È come si fa quando si ritorna a casa, senza una ragione precisa, senza avvisare, senza chiamare per dire “sto arrivando”. Forse solo per mancanza. Ebbene sì, mi manchi, e torno da te.
Di Milano amo la facilità del perdersi nelle piccole cose.
Mi perdo nel colore delle rose, nel profumo intenso dei pioppi, nei caffè solitari e nella bellezza, così preziosa, dei Navigli. Amo perdermi. Sarà per la smania di sorprendermi, di cercare la bellezza ovunque e per la mia irrefrenabile convinzione che la luce diventi più affascinante quando si guardano le cose per la prima volta. Ed eccomi a Milano alla ricerca di quel fascino. Da dove partire? O, meglio, da dove ripartire?
Il Duomo, dall’alto delle sue terrazze
Riparto dal Duomo, naturalmente.
Stesso posto, diversa prospettiva. Non ho voglia di alzare la testa all’insù, piuttosto, preferisco guardare il mondo da una prospettiva che, di solito, mi mette a disagio: dall’alto verso il basso. Ho acquistato il biglietto da Musement, il biglietto d’ingresso alle terrazze del Duomo.
Il Duomo ha un fascino misterioso. Così imponente diventa tangibile quando lo si sormonta. Sono arrivata in cima ed è stato come scalare una montagna; come ogni volta, da su, tutto ha un fascino diverso. Mi riperdo, ancora una volta. La vista sulle guglie, i pinnacoli, le statue che proteggono il Duomo: sono di una bellezza disarmante. Mi sono emozionata. Tanto.
Penso. Sto camminando. Ho fame. Come diamine è possibile che io abbia sempre fame?
Penso a quando vivevo a Milano, ai posti in cui rifugiavo il cuore e lo stomaco quando avevo voglia di qualcosa di buono. Ed eccolo lì, come un miracolo, Panzerotti Luini. Il mio angolo di felicità, quella felicità vera che si materializza tra panchine, alberi e silenzio. È sorprendente: il mio inconscio sa esattamente che strada fare. Mangio un panzerotto, in fin dei conti, un panzerotto ci sta sempre. Sono felice.
Torno indietro, continuo a farmi guidare dal mio sesto senso. Dove mi porterà?
Ho voglia di fare cose già fatte, di percorrere strade già calpestate, di fare le commissioni che ero solita fare durante i miei anni milanesi o, semplicemente, ho voglia di assorbire la Milano che amo: quella elegante, quella viva ed entusiasta, positiva e ottimista.
Museo del Novecento: la risposta a tutto
Museo del Novecento. La risposta a tutto, un contenitore di bellezza dove sembra che ci sia tutto il mondo e qualche mondo ancora sconosciuto. Mi incanto, come sempre, davanti ai dipinti di Modigliani. Quegli occhi mi hanno sempre messa a disagio e, al contempo, ipnotizzato. Ho camminato senza meta tra i corridoi bianchi del museo, in cerca di qualcosa che non sapevo spiegare. Forse di qualche opera amata da ragazza e che non ricordo più, forse di un’opera nuova di cui innamorarmi. Non ho trovato nulla, se non una tangibilissima sensazione di pace.
Dove vado adesso? Ok, so dove andare e ci vado spedita.
Cammino, osservo i passanti, per un attimo mi perdo dietro un barboncino che cammina oscillando la coda.
Adoro Milano per le biciclette.
Amo l’ordine, me ne accorgo quando sono a Milano.
Amo il disordine quando sono a Bari.
Milano dei Navigli e degli aperitivi
Mi perdo in questo binomio e, nel frattempo, sono arrivata a destinazione: Navigli. Naviglio Grande per l’esattezza. Scelgo il più vecchio dei Navigli perché è il più saggio. Quando sono qui so cosa fare, dove andare e cosa guardare. E il cuore si mette a posto.
È l’ora più bella, è l’ora dell’aperitivo.
Il cielo si tinge di rosa e tutto diventa esattamente come vorrei che fosse. E nei miei pensieri, quelli perfetti, il cielo è rosa, la terra è verde ed io sono a Cascina Cuccagna. Era un posto che frequentavo quando avevo voglia di compagnia adesso, invece, l’afferro per la sua essenza più intima.
Ritorno a casa, che una casa non è, e con la borsa tra le mani e le scarpe slacciate ritorna un piccolo pensiero, una sensazione di felicità. Penso che anche questa volta sia valsa la pena tornare a Milano, ascoltarla, toccarla.
Mentre risalgo in aereo, conto gli scalini, le domande e le risposte.
Prendo posto, salgo più in alto del Duomo, tutto diventa piccolissimo e le luci che disegnano Milano ne rimarcano il fascino e placano, di colpo, ogni interrogativo.
Forse la risposta che cercavo era solo questa serenità.
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