Stavamo passando l’estate nell’isola di Pantelleria, all’estremo sud della Sicilia, e non credo che esista al mondo un luogo più consono per pensare alla Luna.
Ricordo come in un sogno le pianure interminabili di roccia vulcanica, il mare immobile, la casa dipinta a calce fin negli scalini, dalle cui finestre si vedevano nella notte senza vento i fasci luminosi dei fari dell’Africa.
Io pensavo con una certa nostalgia premonitrice che così doveva essere la Luna. Ma lo sbarco di Armstrong aumentò il mio orgoglio patriottico: Pantelleria era meglio.
[Gabriel García Márquez]
Omero la definì l’ombelico del Mediterraneo, gli Arabi le attribuirono l’appellativo di Bent el Rion, Figlia del Vento.
Le ho unite tutte: le parole di Márquez a quelle di Omero, quelle di Omero a quelle degli Arabi, quelle degli arabi a quelle di Márquez. Un incastro perfetto. Sembra quasi di vederla, di sentire quel vento, di toccare quell’Africa così vicina.
Pantelleria è armonia, equilibrio, pace
Un quadro in cui si fondono perfettamente le forme di muretti a secco, giardini panteschi e dammusi, il profumo di pini e agrumi, il sapore di capperi e moscato. Tutto intorno il mare della Sicilia, assolutamente indescrivibile nella sua limpidezza, incontaminato e selvaggio tra le pietre vulcaniche levigate dai millenni, le baie nascoste e le scenografiche falesie.
Pantelleria è giardini panteschi
In queste tipiche costruzioni cilindriche in muratura di pietra lavica – concepite per proteggere gli alberi di agrumi piantati all’interno dal vento e dalla salsedine – c’è tuttà la sacralità dell’isola, l’amore dei contadini per la terra e per i preziosi alberi. Ogni giardino è un’esplosione di colori e profumi, in una sola parola: Mediterraneo.
Pantelleria è dammusi
Soffitti a volta, bianchi tetti a cupola, muri di pietra nera lavica locale: dormire nei dammusi di Pantelleria è un’esperienza.
Se a quello che possiamo definire il vero simbolo dell’isola aggiungiamo un’amaca affacciata sul mare, una piscina privata circondata dalla macchia mediterranea, il profumo dei limoni e la totale, assoluta assenza di qualsiasi rumore in grado di rompere l’idillio con mondo, direi che il tutto è riassumibile con una sola parola: perfezione. I Jardina sono esattamente questo, perfezione rural chic allo stato puro.
Pantelleria è Moscato
Il vitigno in questione è il famoso Zibibbo, la cui antichissima pratica di coltivazione è stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Perdetevi tra le cantine, ascoltate le storie dei produttori, fate domande ma, soprattutto, degustate.
Pantelleria è capperi
Il primo incontro con i capperi di Pantelleria non può che avvenire davanti a una sciakisciuka (caponata) o a un’insalata pantesca. Tipicità dal gusto straordinario e dai fiori bellissimi: da maggio e settembre l’isola si colora di bianco, rosa e viola, i mesi della fioritura nonché della raccolta. Insomma, salutare Pantelleria con una scorta di capperi e Moscato è un obbligo.
Pantelleria è terme
Imperdibile il Lago Specchio di Venere, formatosi nel cratere di un antico vulcano. Il suo nome racchiude la bellezza, la rivalità tra donne, la leggenda: si narra infatti che la dea riflettesse il suo viso proprio in queste acque verdi per confrontare la sua bellezza con quella della rivale Psiche.
Le sorgenti termali si concentrano sulla sponda sud: l’acqua satura di zolfo raggiunge i 40-50 gradi, il fondale produce il famoso fango miracoloso per la pelle. Il beauty break gentilmente concesso da Pantelleria termina necessariamente con un bagno sulla sponda opposta, in uno dei pezzi di mare più cristallino d’Italia.
Pantelleria è mare
E che mare. Spettacolare ovunque, in ogni cala, in ogni baia, in ogni singolo accesso all’isola; segnate questo nome: Balata dei Turchi, riparata dal vento e intrisa dal profumo di pini e ginestra, è senza ombra di dubbio una delle spiagge più belle dell’isola. La strada è un po’ lunga e non proprio comodissima, ma ne vale assolutamente e incredibilmente la pena.
Pantelleria è anche il faro di Punta Spadillo, il famoso Arco dell’Elefante, le scogliere a strabiombo, i piccoli porti, i villaggi e l’eco del vento. È l’isola del siciliano pantesco e del vocabolario intriso di arabismi che le ricorda il suo essere perfettamente a metà tra Africa e Europa.
Va vissuta, respirata, mangiata, perché alcune isole hanno il dono di ristabilire quella primitiva connessione tra l’uomo e la natura, ma Pantelleria fa molto di più.
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