30 ore a Porto Recanati.
Nella storia della musica esiste solo una canzone capace di rendere perfettamente l’immagine degli ombrelloni che si chiudono, dell’ultimo bagno, delle prime piogge, della malinconia di fine agosto mista agli illusori buoni propositi di settembre. Un grazie a Riccardo Cocciante per aver scritto Celeste Nostalgia, ma soprattutto, grazie ai fratelli Vanzina per aver chiuso con queste note Sapore di Mare, più che un film un cult. Tutto questo per dirvi che la descrizione dell’atmosfera da primo weekend di settembre a Porto Recanati la lascio volentieri a Cocciante, chi meglio di lui.
C’è il mare da una parte, il Conero dall’altra; banchi di pesce un po’ ovunque; case basse e colorate con tende quasi sempre a righe; un Lungomare lunghissimo e chiuso al traffico; il Castello Svevo; un cinema, anzi, IL cinema, quello che non può che chiamarsi Kursaal e avere un’unica sala; il brodetto e di conseguenza una serie di ristoranti dai seguenti nomi: il mago del brodetto, il diavolo del brodetto, l’uomo del brodetto, ecc. ecc. ecc.
Per onorare l’attaccamento alla parola brodetto e dopo un controllo incrociato di referenze arrivate da una soffiata e dal sempre verde Tripadvisor, in uno di questi ristoranti ci sono andata. A Il diavolo del brodetto però il brodetto non l’ho assaggiato, chiedo venia, se l’avessi fatto magari sarei uscita con quella felicità da appagamento da cibo che mi contraddistingue, invece no. Cena nella media, senza infamia nè lode, ma con una serie di ombre: mancanza del menù fuori dal locale, mancanza del menù all’interno del locale (il menù raccontato è stupendo, ma lo è anche capire quanto pagherai la cena), risposta quantomeno emblematica alla domanda “che pesce c’è nella grigliata?” “eh, un po’ di tutto!” ma va? La risposta arriva dritta dritta sul podio dei vincitori insieme al famoso scambio di saperi con un barista leccese: “scusami cosa c’è nel rustico?” occhi sbarrati e: “il rustico, no??” Amen. Insomma, alla fine gli spaghetti allo scoglio non erano male, la frittura con trigliette e alici abbastanza buona, la grigliata niente di esaltante. Non ero assolutamente pronta all’incontro con una sogliola alla griglia, perché per quanto mi riguarda la morte della sogliola è rigorosamente lessa con olio, limone e pepe. Le porzioni sono abbondantissime, grigliata e frittura possono essere tranquillamente divise in due. Conclusione: un primo, una grigliata, una frittura, un gelato e un litro di vino della casa 75 euro.
Secondo giorno, Trattoria Zeta. La differenza è data dal proprietario, il signor Angelo, l’uomo “contro per vocazione” direbbe qualcuno, e dalla foto incorniciata di Renato Zero. Cucina casereccia, ingredienti freschi e aria di casa (ai fornelli la moglie, ai tavoli la figlia). Ho aperto il menù, l’ho chiuso e mi sono affidata ad Angelo, captando solo questa frase “falle questo, sicuro non l’avrà mai mangiato”. Ed effettivamente gli spaghetti alla chitarra, bianchi, con baccalà, una mangiata di prezzemolo e una di pepe, non li avevo mai mangiati. Ottimi. Tra un’insalata di polpo, uno spaghetto e un cestino ai mirtilli, discorsi sul legno, sul simbolo che accomuna Bari, Loreto e Milano, su Mungivacca (quartiere di Bari incredibilmente conosciuto da Angelo), di trasferte e di musica. Totale del pranzo: 25 euro.
Ultima riflessione su queste 30 ore. Molto molto spesso mi sono svegliata con il mare all’orizzonte, più o meno vicino, più o meno visibile. Vederlo ma non lo sentirlo. Quando arriva il giorno in cui lo vedi ma, soprattutto, lo senti, nel buio più assoluto o alle prime luci dell’alba, inizi a dare una sfumatura mistica e poetica alle correnti marine. E questo basta.
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